Il carcinoma ovarico è il tumore ginecologico più pericoloso ed aggressivo che in Italia colpisce oltre 5.000 donne ogni anno. Nella popolazione femminile il rischio di sviluppare durante la vita questa neoplasia è di poco superiore all’1 percento, ma si stima che quasi un terzo dei tumori epiteliali dell’ovaio sia correlato a mutazioni eredo-familiari dei cromosomi 13 e 17 con alterazioni dei geni BRCA1/2. In questi casi e nei parenti che presentano le stesse mutazioni la predisposizione ad ammalare di tumore della mammella aumenta di 6-7 volte e il rischio di cancro ovarico aumenta di 40-50 volte rispetto alla popolazione generale.
Il carcinoma sieroso dell’ovaio di alto grado è il tipo istologico più comunemente associato alle mutazioni dei geni BRCA1/2 e queste mutazioni sono state identificate in tutti i tumori epiteliali, ad eccezione dei tumori mucinosi, confermando l’opportunità di estendere le indagini genetiche a tutte le pazienti con tumore epiteliale dell’ovaio. Anche le donne portatrici di sindrome di Lynch presentano alterazioni di geni deputati alla riparazione del DNA (MLH1, MSH2, MSH6 o PMS2) e sono predisposte ad ammalare di tumore ovarico anche se in forme meno aggressive.
Ad oggi almeno 16 geni onco-soppressori risultano coinvolti nella genesi del tumore ovarico ereditario e nuove ricerche sono condotte nel merito. Il percorso che oggi viene offerto ad una donna con tumore ovarico è diverso rispetto al passato e questo grazie all’analisi genetica del tumore. In caso di mutazione dei geni BRCA1 e BRCA2, è possibile utilizzare nuovi farmaci a bersaglio molecolare che colpiscono selettivamente le cellule tumorali, offrendo strumenti terapeutici nuovi ed efficaci che assicurano un netto miglioramento degli standard di cura delle pazienti.
La collaborazione multidisciplinare fra ginecologo, patologo, genetista, radiologo, oncologo, senologo, esperto di PMA e psicologo caratterizzano il percorso di prevenzione e cura, personalizzando le decisioni cliniche e i tempi di attuazione.